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04/2011

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Cassazione: la legittimità del licenziamento non può prescindere dalla corretta qualificazione degli illeciti sanzionati anteriormente

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8456/2011, ha stabilito che "anche nell'ipotesi in
cui la disciplina collettiva preveda un determinato comportamento quale giustificato
motivo (soggettivo) di licenziamento, il giudice investito della legittimità di tale recesso
deve comunque valutare alla stregua dei parametri di cui all'art. 3 della legge n. 604 del
1966, la proporzionalità, rispetto alla gravità del fatto addebitato al lavoratore e dallo
stesso commesso, della sanzione del licenziamento alla luce di tutte le circostanze del
caso concreto". Si legge ancora in sentenza che "la previsione da parte della
contrattazione collettiva del licenziamento (disciplinare) del lavoratore che abbia
riportato un determinato numero di sanzioni non espulsive non esclude il potere del
giudice di valutare la gravità in concreto dei singoli fatti addebitati, ancorché connotati
della recidiva, ai fini dell'accertamento della proporzionalità della sanzione espulsiva".
Nel caso di specie, una società ricorreva in cassazione sostenendo che la Corte
d'Appello, ritenendo illegittimo il licenziamento inflitto ad un lavoratore, avrebbe
omesso di valutare i fatti addebitati al dipendente e, pur dando atto di precedenti
disciplinari, non ne avrebbe poi tenuto conto ai fini della valutazione dell'ipotesi di
recidiva specificamente prevista dalla contrattazione collettiva, contestata al lavoratore e
posta a base del licenziamento. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, cassa la
sentenza con rinvio precisando che il giudice di merito potrà valutare la legittimità o
meno del provvedimento espulsivo solo previa esatta qualificazione degli illeciti
sanzionati anteriormente alla intimazione del licenziamento ai fini dell'applicabilità o
meno dell'ipotesi della recidiva prevista dal contratto collettivo.


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