Licenziamento irrogato troppo tempo dopo il superamento del periodo di conservazione del posto - UNAL

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Licenziamento irrogato troppo tempo dopo il superamento del periodo di conservazione del posto

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Necessaria la verifica della volontà rescissoria del datore di lavoro

Redazione - RM - Pubblicata il 21/02/2008

Con sentenza del 23 gennaio 2008, n. 1438, la Sezione lavoro della Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento per cumulo di assenze per malattia irrogato al lavoratore troppo tempo dopo il superamento del periodo di conservazione del posto.
Per la Cassazione, per valutare se la durata del periodo di conservazione del posto possa risultare oggettivamente incompatibile con la volontà del datore di lavoro di porre fine al rapporto, è necessario considerare il tempo trascorso fra la data del superamento del periodo nel quale il lavoratore malato non può essere licenziato e la data del licenziamento stesso.
Nel caso di specie, peraltro, il dipendente, dopo il superamento del comporto, aveva prestato l’attività lavorativa per quasi quattro mesi e, al momento del rientro al lavoro, il datore di lavoro gli concesse un congedo parentale di un mese. Così la Cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda che aveva impugnato le decisioni del Tribunale e della Corte d’Appello che gli avevano dato torto.

Fatto e diritto
Un dipendente aveva convenuto in giudizio la società accusando l'illegittimità del licenziamento intimatogli per superamento del periodo di comporto e chiedendo i conseguenti provvedimenti di carattere restitutorio e risarcitorio.
Il ricorrente premetteva di avere subito un incidente stradale (a seguito del quale aveva riportato inabilità del 37%) di essere stato adibito a mansioni non confacenti al suo stato di salute (e ciò era stata la causa delle sue ripetute assenze dal lavoro), di avere ricevuto comunicazione da parte del datore di lavoro secondo cui aveva maturato 345 giorni di assenza, di avere ripreso servizio lavorando ininterrottamente per 5 mesi dalla data in cui si era infortunato, di avere ottenuto un mese di congedo parentale e di avere ripreso servizio. Il lavoratore, infine, affermava che il licenziamento era intempestivo poiché era stato maturato il periodo di conservazione del posto previsto dal CCNL
Il Tribunale accoglieva il ricorso, dichiarando l'illegittimità del licenziamento per mancanza del requisito della tempestività. Contro tale decisione la società è ricorsa in appello, ma la Corte d’Appello condannava l'appellante osservando che il dipendente, dopo il superamento del periodo di comporto lavoro per circa quattro mesi e nel momento in cui doveva tornare in servizio dopo l'infortunio, ottenne un congedo per motivi parentali, il che era incompatibile con una volontà rescissoria da parte del datore di lavoro. Né, ad avviso della Corte territoriale, tale volontà pareva desumibile dalla lettera con la quale veniva segnalato al lavoratore l'avvicinarsi della data di esaurimento del diritto alla conservazione del posto. Allora la società è ricorsa in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la Corte di Cassazione, il licenziamento per cumulo di assenze per malattia irrogato al lavoratore troppo tempo dopo il superamento del periodo di conservazione del posto è illegittimo e, per valutare se la durata del periodo di conservazione del posto possa risultare oggettivamente incompatibile con la volontà del datore di lavoro di porre fine al rapporto, è necessario valutare il tempo trascorso fra la data del superamento di tale periodo nel quale il lavoratore malato non può essere licenziato e la data del licenziamento stesso.
Secondo la Cassazione il giudice di appello ha ritenuto che la volontà di recesso del datore di lavoro, in relazione a superamento del periodo di comporto, non fosse desumibile dalla richiamata lettera, atteso che con essa si segnalava al lavoratore l'avvicinarsi della data di esaurimento del diritto alla conservazione del posto, non essendo, a quella data, ancora maturato il comporto. Infatti, sottolinea la Cassazione che lo stesso giudice aveva sostenuto che proprio l'avvicinarsi della scadenza del periodo di conservazione del posto avrebbe dovuto sollecitare il datore di lavoro ad attivarsi al momento dell'effettiva scadenza.
Pertanto le argomentazioni svolte dal giudice di appello sono adeguate e coerenti ed il ricorso della società è destituito di fondamento e va rigettato.

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