Licenziamento disciplinare
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L’irrogazione del licenziamento disciplinare deve essere uguale per fatti illeciti analoghi
I dipendenti di un’azienda devono essere trattati tutti nello stesso modo
Con sentenza dell’8 gennaio 2008, n. 144, la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha ritenuto che tutti i lavoratori di un’azienda debbano essere soggetti allo stesso trattamento e che l’inflizione di sanzioni conservative ad altri lavoratori per fatti illeciti analoghi comporti, nella valutazione dei giudici, il dovere di ritenere sproporzionato il licenziamento, in mancanza di ulteriori e specifiche ragioni di diversificazione.
Quindi, pur rimanendo valido il principio della discrezionalità per il datore di lavoro (che può graduare la sanzione disciplinare nei confronti del dipendente), esso non può tradursi in arbitrio e la motivazione alla base del licenziamento deve essere convincente e completa.
Fatto e diritto
Un dipendente della Telecom Italia era incorso in un licenziamento disciplinare per giusta causa per avere contravvenuto al divieto di inviare messaggi scritti per ragioni personali con l’apparecchio telefonico portatile di servizio.
Il dipendente chiedeva l’annullamento di tale licenziamento asserendo che la sanzione era illegittima in quanto non era stato affisso il codice disciplinare ed in quanto la contestazione era stata effettuata tardivamente ed ancora perchè il provvedimento era carente della motivazione e sproporzionato rispetto al fatto.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda del dipendente ed il licenziamento veniva annullato, in considerazione anche che per fatti analoghi la datrice di lavoro aveva inflitto una sospensione di tre giorni o addirittura nessuna sanzione (salvo il risarcimento del danno) e che sotto il profilo soggettivo la medesima datrice non aveva provato alcuna ragione di differenziazione.
Infine non risultava una recidiva, posto che tutti i fatti contestati e relativi ai due suddetti periodi erano anteriori alla prima lettera di contestazione e dovevano perciò considerarsi come illecito continuato.
Contro questa sentenza, la Telecom Italia era ricorsa in Cassazione.
La decisione della Corte di Cassazione
Per la Cassazione, la società aveva asserito la sussistenza della recidiva, ma non aveva illustrato questa tesi, limitandosi a dire di aver dovuto procedere a due contestazioni, relativamente a due diversi periodi in cui il lavoratore aveva commesso l’illecito, per motivi tecnici. Il difetto di motivazione rende inammissibile la censura fatta dall’azienda, la quale non si rivolge contro la vera ragione di esclusione della recidiva.
Anche per quanto attiene la contestazione dell’illecito, questa era tardiva rispetto al fatto contestato ed il licenziamento rispetto ai fatti contestati era sproporzionato non con riguardo al solo fatto illecito, ma attraverso il paragone con analoghi fatti commessi da altri dipendenti della stessa impresa, e con le relative lievi sanzioni.
Per la Cassazione, la Corte d’appello aveva giustamente valutato il rigetto del licenziamento in quanto la discrezionalità del datore di lavoro nel graduare la sanzione disciplinare non equivale ad arbitrio e che perciò egli avrebbe dovuto illustrare in forma persuasiva le ragioni che lo avevano indotto a ritenere grave il comportamento illecito del dipendente, tanto da giustificare la più grave delle sanzioni, sia per un licenziamento per giustificato motivo oppure per giusta causa.
Infatti, la Cassazione ha ritenuto che tutti i lavoratori di un’azienda debbano essere trattati nello stesso modo e che l’inflizione di sanzioni conservative ad altri lavoratori per fatti illeciti analoghi comporti, nella valutazione dei giudici, il dovere di ritenere sproporzionato il licenziamento, in mancanza di ulteriori e specifiche ragioni di diversificazione.