Licenziamento orale: il lavoratore ha diritto a risarcimento pari a retribuzioni perse
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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 77 del 3 gennaio 2011, ha affermato che il lavoratore licenziato senza l'osservanza dell'onere della forma scritta, imposto dall'articolo 2, L. 15 luglio 1966 n. 604, non fruisce
della tutela reale prevista dall'articolo 18, L. 20 maggio 1970 n. 300, ma può far valere la nullità del licenziamento che non interrompe la continuità del rapporto di lavoro. "La mancata esecuzione della prestazione
lavorativa, imputabile al datore di lavoro, genera il diritto al risarcimento del danno normalmente pari alle retribuzioni perse". Nel caso di specie, la Corte d'Appello, in riforma della sentenza del Tribunale, dichiarava nullo il licenziamento orale intimato ad un lavoratore e condannava la datrice di lavoro a risarcire il danno in misura pari alle retribuzioni spettanti fino a tre anni dopo il licenziamento. Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione la datrice di lavoro, il cui ricorso viene rigettato dalla Suprema Corte sulla base del principio sopra enunciato e affermando che "la Corte d'Appello, nel determinare la perdita derivata al lavoratore dall'illegittimo
allontanamento dal posto di lavoro, ha inesattamente richiamato l'articolo 1227 del codice civile (riconoscendo una colpa dello stesso lavoratorecreditore in realtà non prospettata dalla controparte) ma ha nella sostanza valutato il danno in via equitativa, plausibilmente escludendo una inattività forzata del lavoratore per più di un triennio ed ha così espresso un apprezzamento incensurabile nel giudizio di legittimità".